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Nel silenzio delle nostre parole, il potentissimo romanzo di Simona Sparaco

Cos’è la suspense. La bomba è sotto il tavolo e il pubblico lo sa che la bomba esploderà all’una e sa che è l’una meno un quarto – c’è un orologio nella stanza – la stessa conversazione insignificante diventa tutt’a un tratto molto interessante perché il pubblico partecipa alla scena. Gli verrebbe da dire ai personaggi: ‘Non dovreste parlare di cose banali, c’è una bomba sotto il tavolo che sta per esplodere da un momento all’altro’. Così si offrono al pubblico quindici minuti di suspense”.

Alfred Hitchcock

Non sono quindici i minuti che ci tengono incollati all’ultimo libro di Simona Sparaco “Nel silenzio delle nostre parole” edito da Dea Planeta e vincitore meritatissimo del Premio DeA Planeta 2019, ma bensì 15 ore, esattamente quelle precedenti allo scoppio dell’incendio nella palazzina rosa di quattro piani nel centro di Berlino.

Fin dalla prima pagina inizia il conto alla rovescia verso l’inevitabile: dentro uno degli appartamenti, il 3b attualmente disabitato, il frigorifero va in cortocircuito alle ore 23.41 del 23 marzo.

Inizia così il lungo, lento, terribile insinuarsi del fuoco, prima da piccola scintilla per poi diventare un gigante mostro incandescente, tra le pagine del romanzo e tra le nostre dita che lo scorrono parola dopo parola.
Sappiamo a cosa andremo incontro, sappiamo che l’incendio ci sarà e porterà con sé delle conseguenze. Quello che non sappiamo è che la scrittura estremamente sensibile e straordinariamente accurata di Simona ci porterà ad affezionarci, anche troppo, a ogni personaggio fino a provare forti sensazioni e dolorose emozioni.

Non è facile con le parole trasmettere tanto sentimento, soprattutto perché siamo abituati a vivere in una società fredda e distaccata, dove ci dividono le distanze generazionali e quelle sociali, dove teniamo lontane le persone in carne e ossa, figuriamoci se siamo capaci di affezionarci a dei personaggi “parzialmente” di pura fantasia. Sta proprio in questo la “magia”, o maglio dire, l’estrema maestria letteraria dell’autrice, farci avvicinare alle persone, sentirci un po’ più esseri umani, portarci a riflettere, non solo rispetto alle scelte di vita che vengono prese, ma anche a quanto tempo perdiamo dietro a rancori e inutili sciocchezze.

Facile pensarlo quando sai che “la bomba” scoppierà in quel moneto, ma la vita dei quattro protagonisti è esattamente quella che viviamo tutti i giorni, c’è un fuoco che brucia appena accanto a noi, sempre, si chiama vita e la vita porta inesorabile al nostro appuntamento con il destino. Non sottovalutiamo mai quello che possiamo fare adesso, oggi, piuttosto di arrivare un giorno a chiederci quello che “avremmo” potuto fare, perché in quel condizionale presente è appena nato il nostro passato.

Avrebbero preso scelte differenti i protagonisti se avessero saputo?
Polina abita nel piano più basso del palazzo, è appena diventata mamma di un bambino di appena tre mesi, ma lei è una ballerina, vuole fare la ballerina, è nata per farlo, ha dato tutta se stessa per arrivare, forse troppo e non riesce a sentirsi vicina a quel bambino che le sta strappando il suo sogno. La sua giornata inizia con il volerla far finita, la depressione è troppo forte e lei non riesce a stare al passo. Non lo sa che giù in strada, nel negozio di fronte, Hulya sta pensando proprio a lei, come capita sempre più spesso, senza averglielo mai confessato, ma con una voglia matta di farlo.

Nel piano sopra vive Naima, una mamma diversa da Polina, suo figlio è grande, ormai un adulto, Bastien, il quale nella vita ha fatto delle scelte non condivise dalla mamma, ma in questo momento è proprio lei che ha bisogno di lui, anche se non lo vuole ammettere, perché costretta su una carrozzina per colpa di una malattia tremenda, la sclerosi multipla, una malattia che l’ha logorata fino alle ossa. Bastien sente di non avere la sua fiducia, ma ha bisogno di parlarle, sono troppi mesi che deve dirle qualcosa di cruciale, sa che potrebbe spezzarle il cuore e non trova il coraggio.

All’ultimo piano c’è Alice, giovane ragazza italiana arrivata a Berlino con l’erasmus, ha lasciato in Italia una mamma chioccia, apprensiva, una di quelle mamme che vuole sapere tutto e ovviamente lei non riesce a dirle niente, non vuole dirle niente, la tiene a distanza. Quanto le piacerebbe poterle raccontare della sua passione inaspettata e incredibilmente potente per Matthias, un giovane di Dresda trasferitosi a Berlino. Ovviamente Alice non lo racconta alla mamma, o meglio non direttamente.

Seguiamo le vite dei personaggi scorrere nella più completa normalità, come se fossimo degli spettatori curiosi che spiano attraverso le finestre di quegli appartamenti, loro vivono e noi aspettiamo il loro appuntamento con il destino. Li osserviamo mentre si avvicinano al momento in cui per loro non ci sarà più tempo, l’istinto è quello di urlare, di digli vattene, esci da lì, svegliati, scappa. Ma non è possibile.

Questa è la grandiosa forza attrattiva del libro, la necessità che viene sprigionata nel voler comunicare, nell’aver bisogno di dire quello che si ha dentro e che molto spesso rimane sopita: permettimi di dirtelo, permettermi di aiutarti, permettimi di essere voce ed emozioni.

©Grazia Ippolito/Rosebud2

Simona Sparaco (1978) è madre di due figli. Dopo aver vissuto per molto tempo all’estero, è tornata stabilmente a Roma. Ha scritto sceneggiature e romanzi; tra questi, Nessuno sa di noi è stato finalista al Premio Strega nel 2013. I suoi libri sono tradotti in numerosi paesi europei, in Sudamerica, Giappone e Russia.

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