Dal 12 al 17 marzo il Piccolo Bellini ospita il primo allestimento in lingua italiana de La Rondine dell’autore catalano Guillem Clua. Il testo è stato adattato per le scene da Pino Tierno ed è stato interpretato da Lucia Sardo e Luigi Tabita.
I due interpreti hanno raccontato una storia che vede al centro di tutto il rapporto madre/figlio come pretesto narrativo per descrivere quella che è a tutti gli effetti una denuncia contro l’omofobia e le intolleranze di ogni genere.
La vicenda è ispirata all’attacco terrorista consumato nel Bar Pulse di Orlando, in Florida, quando nel giugno del 2016 morirono 49 omosessuali per un attacco terroristico, tutto per il semplice motivo di trovarsi lì. L’esempio specifico porta con sé l’eco degli attentati alla Ramblas di Barcellona e il Bataclàn di Parigi.
La vicenda si svolge all’interno di un indefinito salotto borghese con al centro della scena un pianoforte a coda e un arredamento classico ed elegante. Tutto è coperto però da teli bianchi, un chiaro segnale di una vita che sopisce, come se il tempo si fosse fermato.
Ci sono due persone in scena, un’insegnante di canto e il suo allievo che stanno provando, fino a quando la prima interrompe tutto perché il ragazzo è davvero stonato. Lei vorrebbe mandarlo via ma per lui cantare La rondine, la canzone che dà il titolo al testo, è troppo importante. Dovrà eseguirla, dice, al funerale della madre scomparsa in seguito a un incidente. La donna si convince ma per qualche motivo i due si lasciano prendere da una conversazione sulla vita e la morte che porta alla luce elementi del loro rispettivo passato.
Lei ha perso suo figlio in un incidente e ben presto scopriamo che si è trattato di un attentato.
Si percepisce fin da subito una certa tensione nel dialogo tra i due personaggi e la carica emotiva sale sempre di più man mano che dal caso particolare si passa al discorso più generale del dolore umano e degli attentati.
La platea del Piccolo Bellini ne è uscita infatti particolarmente commossa.
Perché anche se il testo parla dichiaratamente di omofobia, estende il discorso a tutte le forme di discriminazione.
“Ciò che ci rende umani” dice la protagonista “non è l’amore ma la capacità di sentire il dolore altrui come proprio”.
Prevedibilmente quando la conversazione fra i due porterà ad una catarsi della donna, i teli bianchi saranno tolti e la stanza riprenderà vita.
La messa in scena è perfettamente inserita nel contesto in cui viviamo e nei tempi bui che stiamo affrontando, fatti di intolleranza diffusa a più livelli e che riguarda tutti, non solo delle categorie specifiche. Tant’è che la scelta di focalizzare l’attenzione sui diritti lgbt sembra quasi superflua e infatti viene un momento in cui ci si dimentica completamente del difficile rapporto madre/figlio della storia e ci si lascia trascinare nelle rievocazioni di molti tragici eventi che hanno colpito i cuori di tutti.
I veri protagonisti della storia sono il dolore (quello della madre che perde un figlio ma anche il dolore in senso universale) e l’amore (in tutte le sue forme e in tutta la sua potenza). Le due energie si confrontano a colpi di ideologie e riflessioni che in alcuni momenti stemperano il dramma per passare ad un atmosfera da dibattito televisivo. In alcuni momenti si sono sfiorati la banalità e il buonismo ma nel complesso lo spettacolo è risultato godibile e facilmente fruibile.
Orari: feriali ore 21:15, giovedì ore 19:00, domenica ore 18:30
Prezzi: 18€ intero, 15€ ridotto, 10€ Under29
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