“Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano”, così cantava Antonello Venditti agli inizi degli anni ’90 e sembra proprio che Luca Bianchini, in So che un giorno tornerai (Mondadori), il suo ultimo romanzo, si sia lasciato “ispirare” dalle parole dell’Antonello nazionale.
Sì perchè la storia d’amore, potente, tragica tra Angela e Pasquale che fa da sfondo a tutto il romanzo fa davvero dei giri immensi: da Trieste a Bassano, per poi attraversare l’intera penisola fino a San Severina, comune della Calabria e ritorno. Un viaggio in un’Italia di frontiera che non c’è più, ma che non ci ha mai davvero abbandonato, con i suoi miti, la sua musica, le sue rivoluzioni.
Siamo alla fine degli anni ’60, a Trieste, terra di vento e di mare, porto sicuro e al tempo stesso foriero di storie più forti e violente della Bora. Città fredda nel clima ma non nei legami, che sanno essere veri e veraci.
La diciannovenne Angela, unica figlia femmina dei Pipan, è la ragazza più bella di San Giusto, ammirata da tutti, amata da molti, soprattutto dai suoi quattro fratelli. Pasquale Spadafora è uno dei primi jeansinari del mercato di Piazza Ponterosso. Calabrese verace è giunto a Trieste per arricchirsi, vendendo ogni giorno jeans Rifle agli jugoslavi che, passata la frontiera, desideravano possedere un simbolo tanto Occidentale.
Galeotta fu la pasticceria “La Bomboniera” in cui Angela lavorava come commessa e dove tra un prestniz e una putizza i due, mai più diversi, vivono uno di quegli amori a prima vista, quegli amori così vibranti e coinvolgenti che rendono ciechi. Pasquale è già sposato, Angela non lo sa e continua ad amarlo clandestinamente fino a quando scopre di essere incinta. Pasquale, allora, promette di riconoscere il nascituro, nonostante il suo matrimonio, solo se si tratterà di un maschio. Le parole di Pasquale cui Angela si era aggrappata per i mesi della gravidanza vengono vanificate una mattina di dicembre quando la bora porta con sé Emma.
Ma non solo Pasquale fugge le sue responsabilità; anche Angela decide di lasciare la figlia e Trieste, per andare a vivere a Bassano del Grappa insieme all’uomo che deciderà di sposaree, il buon Ferruccio.
Emma, allora, verrà cresciuta dagli zii Primo, Riccardo e i gemelli, il Biondo e Coccolo, oltre che dai nonni materni, Nerina e Igor Pipan, asburgico dell’ultima ora.
Un’adozione collettiva, la loro, per far in modo che Emma non si senta mai diversa dagli altri nell’attesa di un ritorno alle origini.
So che un giorno tornerai è, nonostante la sua apparenza, un romanzo “complicato”. Non è solo una potente storia d’amore, ma anche un romanzo di formazione orchestrato su una trama complessa e variegata, composta da diverse storie che si intrecciano tra di loro. Un viaggio nella storia della vera protagonista del romanzo, Emma da neonata a bambina, da adolescente a donna ed infine moglie e madre, figlia di tutti e di nessuno, che un po’ come Lady Oscar nega la sua femminilità e prova a tutti i costi ad essere un maschio perché solo così la mamma tornerà da lei. Il tema del genere incarnato in Emma, ma anche il tema della genitorialità incarnato in Angela, espressione del fatto che non basta mettere al mondo un figlio per essere genitori. Il tema dell’amore ma anche il tema della speranza.
In questo romanzo sulla ricerca delle origini, sulle occasioni inaspettate e sulla nostalgia di un passato che spesso sarebbe bello cancellare e riscrivere, l’unica certezza resta la famiglia.
Anche se allargata, confusa, insolita.
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