La notte poco prima delle foreste. Favino conferma le sue doti interpretative con il testo di Koltés
Fino al 4 marzo Pierfrancesco Favino porta al Bellini di Napoli il monologo integrale del quale ha portato un estratto al 68° edizione del Festival di Sanremo, lasciando gli spettatori completamente catturati: La notte poco prima delle foreste, un testo di Bernard- Marie Koltés tradotto per la scena da Giandonato Crico e Pierfrancesco Favino. La regia del monologo è stata affidata a Lorenzo Gioielli.
Favino dà corpo e voce a uno straniero dall’accento indefinibile, ma sufficiente a classificarlo come “non italiano”, che si ritrova in una notte di pioggia alla ricerca di una stanza per dormire e qui, in mezzo alla strada, potendo appena ripararsi si rivolge a un ipotetico passante al quale racconta la sua storia e la difficoltà di essere straniero con tutti gli equivoci e le situazioni che possono capitare a chi lascia la terra natia e finisce con lo spostarsi continuamente. Perché, come dice il personaggio a un certo punto “ti fanno spostare e ti mandano sempre più lontano e ogni volta tu pensi che il posto che stai lasciando è più casa di quello verso cui stai per andare”, desiderando fermarsi per poter dire “io resto qui, è casa mia”.
La scena è nuda con solo una sedia al centro del palco ma Favino non resta fermo lì si muove rompendo la quarta parete e indirizzando il suo sguardo al pubblico e in alcuni casi toccando questo o quell’altro fra i presenti. In questo modo, e anche grazie al passaggio dal registro drammatico a quello comico, Favino riesce a modulare il testo riuscendo a evitare che risulti piatto nell’esecuzione.
Lo spettacolo è davvero molto divertente, si ride e si sorride, però c’è da dire che settanta minuti di monologo, eseguiti con un accento indefinito dell’Est Europa, possono risultare difficili da seguire.
Favino ha confermato le sue doti attoriali e la capacità di saper interpretare qualsiasi ruolo, che sia star seduto sulla sedia senza fare nulla o imitare un animale. Ha fatto suo il testo, molto attuale pronto a spingere sulle riflessioni, riuscendo, attraverso le parole, a evocare immagini, situazioni e personaggi che di fatto hanno riempito la scena praticamente vuota.
Il teatro era pieno e al termine dello spettacolo gli applausi hanno fatto fare ben tre uscite a all’attore romano, un vero trionfo.
Teatro pieno per un pubblico, si può immaginare, accorso soprattutto per il nome dell’interprete. Viene quasi da chiedersi, se vogliamo proprio malignare, se lo stesso testo fosse stato eseguito da un attore sconosciuto, avrebbe avuto la medesima affluenza?
Cosa fa dunque un nome? Porta pubblico. Ma che tipo di pubblico?
Rammarica pensare che un testo di un grande autore dovrebbe, già di per sé, portare pubblico, eppure ci sono serate a teatro che non hanno la stessa attenzione che invece meriterebbero. Così come un attore dovrebbe essere seguito innanzitutto per la sua capacità di interpretare e di emozionare, come sa fare Favino, e non tanto per la bellezza esteriore, innegabile e giusta in certi casi, che però finisce col portare a teatro persone che, senza rispetto per il luogo e il momento, sono pronti a farsi un selfie con tanto di flash per immortalare il momento.
Tanto di cappello per Pierfrancesco Favino, meno per il pubblico, evidentemente e sfortunatamente non abituato al teatro. Speriamo che questi nomi altisonanti, oltre a riempire le sale, indirizzino le persone vero la meravigliosa arte del teatro.
Orari: feriali ore 21:00, sabato ore 17:30 e 21:00, domenica ore 18:00, lunedì 4 marzo h. 17:30
Prezzi: da 14€ a 32€, Under29 15€