Russian Doll. Natasha Lyonne e Netflix rielaborano brillantemente il tema “ricomincio da capo”
Nella storia del cinema, in particolare nella storia dei cult anni ottanta e novanta, sono state diverse le pellicole che hanno fatto scuola. Tra i film di quel periodo che hanno segnato un’epoca di sicuro possiamo annoverare Il giorno della marmotta (Groundhog Day), altrimenti noto con il titolo Ricomincio da capo (1994). Il film, diretto da Harold Ramis, aveva come protagonista il mitico Bill Murray. La storia narra la vicenda bizzarra di un cinico anchorman che rivive continuamente la stessa giornata.
A ogni suo risveglio si ripetono gli stessi eventi e questo loop temporale continua finché il protagonista capisce cosa non funziona della sua vita.
Il film piace molto al pubblico per il carattere surreale dato a quella che altrimenti sarebbe stata una commedia banale, come se ne producevano tante all’epoca, ma il meccanismo narrativo scelto era assolutamente originale tanto che è stato stato riproposto molte volte in seguito.
Recentemente Netflix ci ha regalato una nuova serie in otto puntate basata proprio su questo meccanismo narrativo ma, questa volta, tutta al femminile.
Russian doll, titolo estremamente significativo della serie ideata da Natasha Lyonne, Amy Poehler e Leslye Headland, racconta di Nadia (la stessa Lyonne) che muore investita da un taxi la sera del suo trentaseiesimo compleanno e si ritrova a vivere come in un loop temporale la stessa giornata ogni volta.
Rispetto al film di Ramis, con il quale condivide il medesimo meccanismo narrativo, Russian doll è molto più dark, gotica e psicologica. La storia è piena di simboli che riportano continuamente a una dimensione sognante nella quale veniamo inevitabilmente risucchiati facendoci riaffiorare reminiscenze oniriche. Si tratta di una continua oscillazione tra il mondo dei morti e quello dei vivi, tra sogno e realtà, tra ricordi e vita presente che si intrecciano continuamente.
Nadia ha diversi irrisolti nella vita, conduce un’esistenza fatta di alcool, droga, lavoro e sesso occasionale. È un personaggio ruvido e poco femminile, non si lega davvero a nessuno e non manifesta mai l’affetto che prova per gli altri. L’unico essere vivente di cui si preoccupa davvero è il suo gatto Otmine che lascia libero di dividersi tra casa e il mini market dell’isolato, perché la sua indole libera le impedisce di stabilire vincoli perfino con l’animale.
È proprio il gatto, custode dell’aldilà secondo la cultura egizia, l’evento scatenante che fa muovere la storia.
Nadia ricomincia da capo il suo compleanno sempre davanti a uno specchio, anche questo è un chiaro simbolo che fa riferimento all’identità, al modo in cui ci vediamo, al doppio, all’immagine riflessa che sembra uguale a noi ma rivela la nostra coscienza e racchiude la nostra anima. Specchio per Narciso che si perse nella sua immagine.
Gli specchi, infatti, saranno sempre presenti negli ambienti che Nadia frequenta, quasi a volerle suggerire che per risolvere la sua vita è necessario guardarsi “nello specchio dell’anima”.
Un altro simbolo importante della narrazione è la frutta che di solito associamo alla vita, alla salute e alla sazietà. Qui si presenta sempre marcia, come se nel mondo post mortem le ricordasse la morte stessa oppure qualcosa di irrisolto della sua vita.
Purtroppo non mi è possibile svelare di più, ogni elemento della storia e ogni persona che Nadia incontra in questa odissea è strettamente connessa a lei e le servità per trovare il bandolo della matassa. Come le matrioske, appunto, Nadia dovrà aprire una bambola dopo l’altra, un livello dopo l’altro, per poter arrivare alla soluzione.
Ci sono alcuni momenti splatter e creepy notevoli che conferiscono alla serie delle tinte horror. I toni sono sempre graffianti e le battute non sono mai banali. Il mondo di Nadia non è un mondo buonista ma è il crudele mondo nel quale viviamo ogni giorno, è l’inferno vero che potrà diventare un paradiso, o quantomeno avvicinarsi a esserlo, solo dopo il purgatorio che è destinata a vivere.
I personaggi non sono dei cliché, come apparentemente può sembrare, ma figure tridimensionali, nonostante i pochissimi tratti appena accennati e le poche battute.
La stessa Natasha Lyonne è irriverente e fuori dagli schemi. L’attrice ha avuto problemi di droga, alcool e con la legge, quello di Nadia sembra essere una sorta di specchio, appunto, di se stessa.
Le otto puntate, uscite il primo febbraio, rappresentano una delle perle della piattaforma digitale e consiglio vivamente la visione.