Al Piccolo Bellini torna in un nuovo allestimento Creditori, fino al 27 gennaio, il capolavoro dello svedese August Strindberg adattato, diretto e interpretato da Orlando Cinque, affiancato da Arturo Muselli e Maria Pilar Pérez Aspa. È la storia di Adolf, sua moglie Tekla e l’amico Gustav, che si insinua nella vita dei due coniugi, fingendo di avere a cuore la felicità del loro matrimonio, ma che in realtà nasconde un desiderio di vendetta personale.
La scena si apre su un ambiente che sembra ricordare una prigione con dei pannelli che delimitano il perimetro di una stanza costituita da un arredamento estremamente semplice. I pannelli formanouna sorta di gabbia, composti da maglie molto strette attraverso le quali si vede il fondo del palco sul quale si dispongono gli attori quando sono fuori scena ma restando comunque visibili, come figure della mente, quando vengono evocati da chi si trova in scena.
L’unico letto della stanza è praticamente una brandina con materasso molto sottile sul quale, spesso si siede o addirittura si stende Adolf quando parla con Gustav di sua moglie Tekla. L’impostazione quindi ricorda subito quella di una seduta psicanalitica e, in effetti, la discussione tra i due è tutta incentrata sul rapporto che Adolf ha con sua moglie e sulle conseguenze che questo ha portato nella sua vita fino a ridurlo a un inetto incapace di dipendere da se stesso e muovere un passo senza di lei. Tekla, dunque, è quella che nel genere noir verrebbe definita una “femme fatale”.
In questa storia si scava a fondo nell’animo umano e nel rapporto uomo donna e, come viene detto dallo stesso Adolf nel corso dell’opera, “si vive accanto a una donna per anni senza farsi alcuna domanda su di lei e sul rapporto che si ha con lei, finché un giorno cominci e non riesci più a smettere”.
Gustav ascolta queste parole influenzando il pensiero di Adolf e dirottandolo dove vuole, svolgendo il ruolo di diavolo tentatore che ben presto cattura nella sua rete la vittima.
L’interpretazione di Orlando Cinque, molto a suo agio nel ruolo, ha ricordato in alcuni atteggiamenti la figura di Lord Henry Wotton di Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde, quella figura mefistofelica e senza scrupoli portatrice di dubbi e che, illudendo i personaggi, genera intorno a sé il male assoluto.
Il testo si rivela estremamente attuale perché, senza dare indicazioni di luogo, riesce a essere universale affrontando un argomento ancora sconosciuto ai più, l’inconscio dell’essere umano che tuttavia interviene quotidianamente influenzandone la vita e il rapporto con gli altri. E questo riporta a un altro fondamentale collegamento letterario, quello con Uno, nessuno e centomila di Pirandello, in cui l’autore siciliano affrontava il problema di come ci vediamo noi e crediamo di essere, in relazione a come ci vedono gli altri. Oggetto di questa riflessione, qui nel testo di Strindberg, è il personaggio di Tekla, quello che più degli altri assume nel corso della pièce forme diverse. Ora è la moglie innamorata e brillante, ora è la sgualdrina bramosa di attenzioni.
Salvo momenti di incertezza nell’esecuzione del testo, tutti gli interpreti erano nel personaggio, anche se in alcuni passaggi hanno seguito il testo troppo velocemente, come se avessero l’ansia di portare avanti la scena.
Cinque ha invece saputo complessivamente tenere in piedi il testo e si vedeva che ne era anche il regista e che forse, proprio perché ha dovuto interpretare il doppio ruolo, lo ha sentito e assimilato di più, tanto che in alcuni momenti sembrava essere da solo in scena.
Alla fine la messa in scena porta alla luce domande interessanti sui rapporti umani e sul matrimonio, ma anche sui rapporti d’amore in generale. Una su tutte prevale: conosciamo davvero la persona che amiamo? O piuttosto amiamo l’immagine che abbiamo di quella persona?
Domande come queste restano ancora senza un’effettiva risposta e opere come Creditori continueranno a porcele, perché in ogni caso restare vivi può voler dire anche continuare a porsi delle domande.
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