Come fermare il tempo? Ciascuno di noi, nel corso della propria vita ha certamente vissuto dei momenti speciali, momenti di pura felicità e completezza che ha desiderato durassero per sempre.
Questo desiderio di fermare il tempo è piuttosto comune per gli esseri umani perché lo scorrere del tempo corrisponde allo scorrere della vita, all’invecchiamento e all’inevitabile momento in cui dovremo dire addio alle persone che amiamo.
Ma cosa accadrebbe se il nostro processo di invecchiamento fosse particolarmente lento al punto che a un anno ne corrispondono cento e, magari, all’età di quattrocento anni ne dimostriamo quaranta?
È proprio la condizione che vive il protagonista del romanzo di Matt Haig, Come fermare il tempo.
Tom Hazard è un uomo nato nel 1581 che rispetto agli altri uomini subisce un processo di invecchiamento molto lento che i medici chiamano “anageria” e per questo motivo Tom è destinato a vivere molti anni perché le sue cellule, oltre a invecchiare molto lentamente si ammalano difficilmente.
Tom è quello che nella comunità di cui fa parte viene chiamato Alba, da albatros un tipo di gabbiano piuttosto longevo, mentre gli uomini “normali” vengono chiamati Effimere, dal significato della parola che si riferisce a qualcosa di breve durata, labile appunto.
Tom ci racconta in prima persona i suoi quattrocento anni di vita con salti temporali fra passato e presente soffermandosi in particolare sugli incontri che hanno segnato la sua vita, fra questi quelli con alcuni illustri personaggi storici come William Shakespeare e Francis Scott Fitzgerald. Ma vi sono nel suo racconto che ci coinvolge come quello di un vecchio amico, anche degli incontri meno illustri ma più significativi come quello con il suo primo amore, Rose e quello con Hendrich il capo della comunità degli Alba che fin dal primo momento gli dice: “La prima regola è non innamorarsi” ma naturalmente Tom la rompe subito e la maggior parte dei suoi guai e delle sue avventure dipendono proprio dall’amore.
Quando ci si imbatte in un libro come quello di Haig si rimane innanzitutto molto incuriositi dal titolo e la prima pagina ti cattura subito, fin dal momento in cui il protagonista racconta di avere quattrocento anni.
I salti temporali e la narrazione ci fanno vivere una dimensione da viaggio nel tempo che ricorda film come Ritorno al futuro o Midnight in Paris che certamente non sono estranei all’autore.
La narrazione in prima persona scorre fluida e le descrizioni storiche dettagliate permettono al lettore di immergersi nel racconto come se si trovasse accanto al protagonista mentre vive le sue avventure.
Ci sono, però, delle lungaggini che in alcuni momenti rendono faticosa la lettura e che diluiscono troppo la trama principale.
Sicuramente il libro è una metafora della contemporaneità, soprattutto nei racconti che riguardano i tempi bui della caccia alle streghe che vengono poi messi in parallelo con i tempi bui che stiamo vivendo negli ultimi anni. Tempi dominati dalla paura, in cui si evita l’amore, tempi in cui vi sono diverse forme di caccia alle streghe.
L’insegnamento principale del film, il monito che accompagna sempre il protagonista e noi lettori è che il passato serve a non ripetere gli stessi errori, ma l’essere umano dimentica sempre il proprio passato e per questo, esso, è destinato a ripetersi.
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