Arte e Mostre

Merz in mostra a Milano: i suoi Igloo ad HangarBicocca

“Spostamenti della terra e della luna su un asse”, 2003

Mario Merz, uno dei grandi protagonisti dell’arte italiana dalla fine degli anni ’60, va in mostra a Milano con le opere forse più iconiche e affascinanti del suo lavoro: Mario Merz. Igloos, ad HangarBicocca fino al 24 febbraio 2019.

Pirelli HangarBicocca, in collaborazione con la Fondazione Merz di Torino, propone una ricca indagine sul tema degli Igloo di Mario Merz, famosissimi e apprezzati in tutto il mondo, un suggestivo viaggio nel tempo, un cammino attraverso uno spazio nuovo e visionario completamente ridisegnato dalle opere.

Mario Merz. Igloos è curata da Vicente Todolì, direttore artistico dell’Hangar e membro del comitato scientifico della fondazione dedicata all’artista. Con oltre trenta Igloo esposti, la mostra riunisce, per la prima volta in Italia, un gruppo molto numeroso delle opere di Mario Merz; tra questi, numerosi sono quelli provenienti da importanti collezioni private e musei internazionali: il Reina Sofía di Madrid, la Tate Modern di Londra o l’Hamburger Bahnhof di Berlino, per esempio.

Mario Merz, “Igloo di Giap”, 1968, veduta dell’installazione, Fondazione Merz, Torino, 2018; Courtesy Fondazione Merz, Torino; Foto: Renato Ghiazza; ©Mario Merz, by SIAE 2018

Nel 1968 Mario Merz realizza il suo primo Igloo, tra i primi che si incontrano in mostra. È l’Igloo di Giap: una struttura semisferica in metallo viene ricoperta di pani di argilla grezza e sovrastata da una scritta al neon che riporta alcune parole del generale vietnamita Giap: “Se il nemico si concentra perde terreno se si disperde perde forza Giap”. La frase, così estrapolata dal suo contesto della sanguinosa Guerra del Vietnam, assume un valore quasi assoluto di massima filosofica ed esistenziale.
Tra i maggiori esponenti dell’Arte Povera, Merz iniziò così a introdurre nel proprio lavoro il motivo dell’igloo, rivestendone la forma con gli elementi che stava già facendo propri: materiali semplici e naturali (tela, giornali, creta, cera e pietra), oggetti di derivazione industriale (tubi metallici, morsetti e lastre di vetro) e, in particolare, i tubi fluorescenti al neon. Questo tipo di luce, avvertito allora come una fonte di energia diversa, che innesca idealmente una reazione nuova, è usato per rappresentare principi matematici, come la sequenza di Fibonacci o la spirale, o le parole scritte, che spesso vanno ad avvolgere gli Igloo.

"Le case girano intorno a noi o noi giriamo intorno alle case?", 1994
"Is space bent or straight?", 1973
"Senza titolo", 1978
"Senza titolo", 1994

 

La forma dell’igloo rappresenta, per Mario Merz, un archetipo di abitazione primordiale, che delinea metaforicamente uno spazio interno, intimo e protetto, separato dall’esterno, a suo volta definito dalla presenza stessa dell’igloo. Tuttavia, è anche una forma architettonica complessa, come la cupola, uno spazio ideale concettualmente perfetto. Il susseguirsi degli Igloo, realizzati in anni successivi utilizzando materiali diversi, rappresenta anche una riflessione su come l’uomo moderno costruisca e abiti lo spazio cittadino, in cui convivono elementi naturali e artificiali, contrasti evidenziati dalle parole che Merz “scrive” con i tubi al neon.

Ogni struttura sembra reggersi a mala pena in un equilibrio precario e fragile: l’igloo come abitazione provvisoria rappresenta per Merz la fragilità del vivere contemporaneo. Un bell’esempio è l’opera Acqua scivola (1969): è il primo igloo realizzato con lastre di vetro, che, proprio grazie ai riflessi e alla trasparenza, dialoga con lo spazio circostante; dalla calotta dell’igloo si innalza un albero, che mette in collegamento l’interno e l’esterno, mentre i pezzi di vetro sono tenuti insieme con del mastice che, nel corso della mostra, perde pian piano la sua presa, finché le lastre non scivolano e cadono a terra frantumandosi.

“Acqua scivola”, 1969

Il percorso di Mario Merz. Igloos è disposto per nuclei cronologici, dal 1968 al 2003, anno della scomparsa dell’artista. La direzione non è, però obbligata: la sensazione è, anzi, quella di poter attraversare a piedi le rovine di una città irreale o i resti di un insolito accampamento, potersi perdere in un paesaggio assolutamente inedito, punteggiato dalle calotte degli igloo, piccoli e grandi.

“La goccia d’acqua”, 1987

L’ingresso è dominato dall’imponente La goccia d’acqua (1987), l’igloo più grande realizzato da Merz per uno spazio espositivo interno; un lunghissimo tavolo attraversa l’enorme calotta di lastre di vetro, fino a un secchio in cui gocciola dell’acqua da un rubinetto. La tensione superficiale che tiene insieme la forma della goccia d’acqua è metafora della stessa fragilità che tiene insieme l’igloo di Merz.
Dopo i primi esempi degli anni ’60 e ’70, si passa a Igloo degli anni successivi, quando le installazioni si fanno più complesse, con le calotte che si moltiplicano e si intersecano, come Igloo del Palacio de las Alhajas (1982) realizzato per una mostra a Madrid, o con elementi assiali di varia natura che le attraversano: ad esempio fasci di luce, serie di Fibonacci in neon, pacchi di giornali che simboleggiano il propagarsi dell’informazione attraverso schemi seriali.

"Sentiero per qui", 1986
"Senza titolo", 1985
"Igloo del Palacio de las Alhajas", 1982
"Noi giriamo intorno alle case o le case girano intorno a noi?", 1977 (ricostruzione 1985)

 

L’ultimo ambiente di HangarBicocca, l’immenso “Cubo”, è occupato dal suggestivo Senza titolo (1999): un cervo impagliato domina i visitatori dalla cima della cupola, come incoronato da un numero di Fibonacci al neon. L’opera, che contiene rimandi alla natura, venne realizzata per il parco della Fundação de Serralves di Porto in occasione di una personale di Merz curata proprio da Vicente Todolì, allora direttore dell’istituzione portoghese.

"Senza titolo (doppio igloo di Porto)", 1998
"Senza titolo (doppio igloo di Porto)", 1998
Mario Merz, "Senza titolo", 1999, veduta dell’installazone, Fundação de Serralves, Porto, 1999; Courtesy Fondazione Merz, Torino; Foto: Rita Burmester, ©Mario Merz, by SIAE 2018

 

Lo spazio della mostra, liberamente percorribile a livello del pavimento, è scandito ritmicamente solamente in alto da una sequenza di Fibonacci realizzata in neon rosso nel 2002. Fotografabili a fatica, i numeri rossi brillano nel buio alla sommità delle “Navate” dell’Hangar, sovrastando gli Igloo, quasi come il fregio di un tempio antico o i lumi delle cappelle di una cattedrale, dando un aspetto quasi sacro allo spazio architettonico ex-industriale e integrandolo con le opere sottostanti.
Ogni elemento che concorre alla grandiosità visiva di Mario Merz. Igloos trova la sua spiegazione in una piccola guida alla mostra, comoda ed esauriente, che accompagna la visita, opera dopo opera, lungo tutta la carriera dell’artista, con didascalie e brevi approfondimenti, un’abitudine di HangarBicocca sempre apprezzabile.

 

La mostra Mario Merz. Igloos merita certamente una visita, sia per avere l’occasione di provare la stranissima sensazione di passeggiare per questa città irreale, sia per approfondire, chi ha piacere, la figura di uno degli artisti italiani più famosi della seconda metà del XX secolo.

INFO
Mario Merz. Igloos
Fino al 24 febbraio 2019
Pirelli HangarBicocca
Milano, via Chiese, 2

INGRESSO GRATUITO
Aperto da giovedì a domenica ore 10-22

Sito internet: hangarbicocca.org
Facebook: @PirelliHangarBicocca

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