Paul Klee. Alle origini dell’arte: così si intitola la mostra che Milano e il Museo delle Culture dedicano al grande maestro svizzero-tedesco dell’avanguardia pittorica della prima metà del XX secolo (1879-1940). Al MUDEC, fino al 3 marzo 2019, sono esposte circa un centinaio di opere di Paul Klee, selezionate dai due curatori Michele Dantini e Raffaella Resch. La mostra è promossa da Comune di Milano-Cultura e da 24 ORECultura-Gruppo 24 ORE.
Già dal trionfante titolo Alle origini dell’arte, è chiaro come la mostra voglia indagare il particolare rapporto di Klee con il concetto di “primitivismo”, che non vuol dire semplicemente osservare le culture primitive o extra-europee con l’occhio occidentale, ma è una necessità di tornare a un’espressione artistica autentica, primordiale, non mediata dai secoli di civiltà, libera e autentica. Ecco che vengono, allora, valorizzati periodi considerati solitamente minori, barbarici, perché meno corrispondenti all’ideale di “bello”, come l’arte bizantina e tardoantica, pre-rinascimentale, popolare tedesca o espressioni di culture “esotiche”, come quella mediorientale o pre-colombiana.
Il continuo confronto con le diverse fonti e i periodi della storia dell’arte meno convenzionali lo porta a dipingere opere piuttosto misteriose, ma anche liriche ed evocative, ricche di possibilità di lettura stratificate, spesso accompagnate da titoli ambigui o ironici, come Artico ammobiliato del 1935, dipinto negli ultimi difficili anni.
Dopo gli studi abbastanza tradizionali in accademia, il primo impatto di Paul Klee con questo tipo di arte “primitiva” risale al suo viaggio in Italia del 1901, quando ha appena 22 anni. La mostra presenta anche alcune vetrine che confrontano le immagini d’epoca dei luoghi visitati dal pittore con le fotografie scattate durante il viaggio, peccato che il visitatore le incontri solo alla fine, praticamente fuori dalla mostra, dopo il bookshop.
Le sezioni in cui la mostra è divisa (Caricature, Illustratore cosmico, Alfabeti e geroglifici d’invenzione, Il museo etnografico e la stanza dei bambini, Policromie e astrazione) funzionano molto bene sulla carta e sui pannelli esplicativi, meno quando si guarda alle opere, con un senso un po’ di caos tra una stanza e l’altra; sono, infatti, divise per temi, ma non per periodi di produzione di Klee, con una sensazione un po’ di ripetizione. Fanno eccezione alcuni pezzi ben identificabili e significativi per le sezioni stesse: le grottesche caricature giovanili, alcuni paesaggi di invenzione, alcuni disegni con segni, lettere, numeri arcani, e, nell’ultima stanza, Paesaggio in verde con mura del 1919, conservato al Museo del Novecento di Milano, e Roccia artificiale del 1927, con un intricato reticolo in rosso su sfondo scuro, entrambi misteriosi ed evocativi.
Molto interessante è, invece, il continuo accostamento fra le opere del pittore e le fonti del suo lavoro: quello che Klee guardava, leggeva, quello che riportava indietro dai suoi viaggi, in particolare quello in Tunisia del 1914, e l’arte “primitiva” ed extra-europea a cui si ispirava, come momenti di arte autentica e primigenia. Sono, infatti, esposti, nella sezione Il museo etnografico e la stanza dei bambini, alcuni pezzi provenienti dalle collezioni etnografiche del Comune di Milano, soprattutto maschere africane e tessuti mesoamericani, che ci ricordano anche che il MUDEC è il Museo delle Culture della città di Milano.
Merita una segnalazione la “stanza dei bambini” con le marionette che Paul Klee realizzava per il figlio Felix, mettendo in scena anche degli spettacoli improvvisati. Oggetti ormai piuttosto rari, ve ne sono esposte 5, costruite in momenti differenti, e rappresentano fantasiosi personaggi creati dall’artista. Quello che lascia un po’ perplessi è l’allestimento: i pupazzi sono sistemati in una vetrina in diagonale al centro della sala, illuminati dall’alto, come attori sul palcoscenico; ma la cosa più curiosa sono le animazioni digitali proiettate sui muri alle spalle della vetrina, nell’angolo della sala, attivate da 5 pulsanti corrispondenti alle 5 marionette. Hanno l’aspetto di un ambiente in 3D che esce dall’angolo della sala e i visitatori possono ruotare quest’animazione usando una manovella sistemata davanti alla vetrina. Si tratta di una trovata interattiva per i più piccoli, una sorta di “lanterna magica”.
Tuttavia, senza che queste animazioni, abbastanza caotiche e di difficile lettura, aggiungano nulla alla comprensione dell’importanza che Klee attribuiva al teatro, al gioco e all’educazione del figlio Felix, a stupire è, in particolare, una di queste, diversa dalle altre: pigiando uno dei pulsanti, compaiono sui muri figure che sembrano proprio i protagonisti del Balletto Triadico di Oskar Schlemmer (prima esecuzione nel 1922), assolutamente non segnalati, ma perfettamente riconoscibili nel loro aspetto profondamente diverso da quello delle marionette di Klee. Ora, non che le marionette di Klee e il Balletto Triadico di Schlemmer non c’entrino assolutamente niente tra loro, diciamo che possono aver avuto un ruolo di rilevanza all’interno dell’esperienza del teatro al Bauhaus: entrambi gli artisti sono, infatti, maestri al Bauhaus a Weimar e poi Dessau negli stessi anni (Klee 1920-31, Schlemmer 1921-29), ma lo sviluppo sia delle marionette che del balletto risale agli anni precedenti, Felix Klee è studente al Bauhaus, quasi sicuramente le sue marionette furono utilizzate per spettacoli improvvisati nei momenti di svago dei Bauhäusler, mentre Schelemmer, per il quale il gioco e l’improvvisazione avevano importanza fondamentale, era responsabile del laboratorio di danza e teatro.
Questo potrebbe essere il collegamento tra le due cose accostate in maniera così ermetica, se non caotica, e in effetti se ne fa un vaghissimo accenno in fondo al comunicato stampa, che, però, i visitatori raramente hanno occasione di leggere. Ma può anche essere che tutto questo fosse spiegato in qualche didascalia appiccicata in basso al buio, come sono buona parte delle didascalie in tutta la mostra. Per lo meno sono molto esaustive per quanto riguarda la tecnica e la provenienza delle opere.
Diciamo che la mostra Paul Klee. Alle origini dell’arte, tra alti e bassi, non ci ha entusiasmato particolarmente, e anche la qualità dei pezzi esposti non è sempre omogenea. Ovviamente Klee rimane Klee, e fa sempre piacere poter ammirare i suoi dipinti; forse, però, visto il prezzo del biglietto, per qualche euro in più conviene visitare direttamente il Zentrum Paul Klee di Berna, da dove provengono quasi tutte le opere in mostra, e dove torneranno, presumibilmente, in marzo.
INFO
Paul Klee. Alle origini dell’arte
Fino al 3 marzo 2019
MUDEC. Museo delle Culture di Milano
Milano, via Tortona, 56
Lunedì 14.40-19.30
Martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30-19.30
Giovedì e sabato 9.30-22.30
Biglietti: intero 14€, ridotto 12€, ridotto speciale 8€
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