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Il Tempio Bianco in Thailandia è qualche cosa di incredibile

Se mi avete seguito su Instagram quest’estate, (se non mi seguite ancora su IG gravissimo questo il link) avrete sicuramente vissuto insieme a me un paese che ho amato e odiato allo stesso tempo: la Thailandia.

Amato perché ha tutto, un territorio da invidiare, mare da sogno, barriera corallina, montagne pazzesche, verde inimmaginabile, storia e cultura a badilate. Odiato perché purtroppo la smania di arricchimento porta a non vedere quanta bellezza si sta distruggendo pur di costruire senza freni per un turismo destinato a collassare. (Evitiamo il discorso smog nelle grandi città che è meglio).
Ma questo articolo non è volto a far polemica, anzi tutt’altro, è a raccontarvi di un luogo onirico, prima immaginato attraverso i racconti di amici e poi visto con i miei occhi: il Tempio Bianco a Chang Rai, il Wat Rong Khun.

La Thailandia è piena di templi meravigliosi sia dal punto di vista estetico che storico ma il Tempio Bianco rimane unico nel suo genere perché unisce, in maniera assolutamente armonica, il sacro e il profano conducendo il visitatore in un mondo surreale tra inferno e paradiso. Un tempio sacro per metà buddhista e per metà induista con raffigurate, nel suo nucleo centrale, immagini davvero bizzarre che rappresentano personaggi reali o immaginari del mondo moderno. Da non crederci.

Ideato dall’artista visionario contemporaneo Chalermchai Kositpipat questo tempio ha visto la luce recentemente, nel 1997. La sua particolarità salta subito all’occhio: è tutto completamente bianco, come la purezza del Buddha e lucente come una stella perché decorato con tanti piccoli frammenti di specchio distribuiti su tutta la costruzione. Un’esplosione di luce senza colori. Quasi un paradiso in terra che viene subito contrapposto “all’inferno”.
Infatti, per arrivare all’interno del Wat bisogna attraversare un ponte sospeso su braccia tese da terra verso il cielo a simboleggiare la sofferenza e la morte, per l’appunto l’Inferno, i sette peccati capitali, e, dunque, la richiesta di aiuto.

La tradizione vorrebbe che una volta intrapreso il cammino sul ponte non si possa tornare indietro e, teoricamente, i guardiani del tempio dovrebbero dirti, se provi a indietreggiare: “Don’t come back to the hell”. Ovvero “non tornare all’inferno”, vai e prosegui il tuo camino. Ovviamente se andate a visitarlo in agosto, come ho fatto io, ci sono talmente tante anime perdute che i poveri guardiani non dicono più nulla a nessuno, altrimenti arriverebbero a fine giornata senza tonsille. Lo trovo comprensibile!
Il significato del ponte è il ciclo della rinascita, dallo stato di sofferenza per arrivare al benessere dell’anima. Quindi adesso che lo sapete “Don’t come back to the hell”.

Ma il bello delle ancora venire, una volta entrati nel Wat si rimane increduli e a dir poco allibiti: qualsiasi cosa possiate pensare o immaginare di trovare dentro avete sbagliato.
Le facciate interne sono tappezzate di personaggi del mondo moderno che rappresentano il Samsara, ossia il regno della rinascita e dell’illusione, ci si imbatte in Batman oppure in Neo di Matrix, si trova Elvis Presley o Superman, ma anche Hello Kitty e Michael Jackson, ci sono raffigurati Avatar e Hellboy, si trova addirittura la rappresentazione di un aereo che si schianta sulle Torri Gemelle, assurdo e inquetante. I colori sono brillanti, quasi accecanti, si rimane completamente scioccati davanti a quell’immensa opera surreale. (Vietatissimo fare foto, questo è quello che ho trovato).

 

Usciti dal Wat si prosegue il giro circondati da statue di ogni genere e con significati simbolici che riportano agli insegnamenti buddhisti. Ci sono vecchie creature raccapriccianti, simbolo dell’impermanenza della vita; brillanti statue di Yama (dio della morte) e Rahu (dio dell’oscurità con il compito di intimorire gli umani e con la possibilità di decidere il loro destino, concedendogli l’ingresso nel regno dell’Illuminato o respingerli verso l’ennesima reincarnazione; immagini del Buddha che accoglie i visitatori una volta superato il ponte. Sono davvero tantissimi i dettagli da osservare, grandi e piccini, meravigliosi o inquietanti.

 

Wat Rong Khun è davvero un luogo unico nel suo genere ancora in costruzione, quindi se avete in programma un viaggio in Thailandia, oltre a prendervi un cocktail su un’amaca in riva al mare, fate un salto nel versante settentrionale del paese dove di mare non ce n’é ma scoprirete posti incredibili.

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