130 opere tra avanguardia e tradizione firmate da uno dei grandi maestri dell’arte del 900 sono le assolute protagoniste a Palazzo della Ragione di Mantova, monumento medievale che sorge nel cuore della città: Marc Chagall (Vitebsk, 7 luglio 1887 – Saint-Paul-de-Vence, 28 marzo 1985), il pittore che insieme a Picasso e Robert Delaunay ha forse ispirato il maggior numero di poeti, scrittori e critici militanti del Novecento. Ed è tra gli straordinari cicli di affreschi recentemente restaurati del Palazzo, per secoli espressione del potere civico di Mantova, che trova spazio la mostra, aperta dal 5.09.2018 al 3.02.2019 e a cura di Gabriella Di Milia, “Marc Chagall come nella pittura, così nella poesia”.
Qui è possibile osservare opere straordinarie che rappresentano il momento più rivoluzionario e meno nostalgico del percorso artistico di Marc Chagall, tra cui lo splendido ciclo completo dei 7 teleri dipinti da Chagall nel 1920 per il Teatro ebraico da camera di Mosca, prestito eccezionale della Galleria Statale Tret’jakov di Mosca, esposti in Italia solo nel 1994 e nel 1999; dunque una vera e propria rarità. Un unicum dell’arte, come il suo autore che, fedele al modo di vedere, sentire e immaginare della sua infanzia e giovinezza, non si è mai inserito in alcuna corrente artistica.
Nel ciclo pittorico il teatro si identifica con la festa della rivoluzione d’ottobre vissuta da Chagall come rinnovamento e affermazione della massima libertà individuale. Nel pannello introduttivo, mette insieme gesti, caratteri, funzioni, situazioni di una umanità che vive l’incerto presente, coinvolta in incidenti di ogni tipo e condizionata da manie che la fanno apparire isolata nella bizzarria di una nuova condizione; quattro quadri raffigurano le Arti personificate: la Musica rappresentata da un violinista mefistofelico, la Danza da una mastodontica ballerina, il Teatro dal Badchan, l’animatore di matrimoni ebrei e, infine, La Letteratura dalla figura tutta bianca dello scriba-poeta.
I pannelli sono sormontati da una striscia di simboli commestibili e terribili. È questo il Fregio che rappresenta il banchetto nuziale in cui, accanto a pesci, pani, frutta e galli vivi, si serve anche un amante defunto, per accennare forse al fatto che il vecchio teatro ebraico sarebbe stato soppiantato da una poetica dell’assurdo. Dirigendosi verso la porta d’uscita della sala gli spettatori del Teatro Ebraico potevano osservare il dipinto “Amore sulla scena”, opera in cui è evidente sino a che punto Chagall poteva spingersi nell’uso di elementi non oggettivi rimanendo il pittore delle suggestive immagini psichiche, a doppio senso. L’amore è uno dei temi centrali delle opere di Chagall e la chiave per leggere le sue tele è la storia con il grande amore della sua vita: Bella Rosenfeld. È lei la donna in volo, l’amante in blu, la protagonista di tanti capolavori. Lei, splendida, intelligente, ricca di grazia e di dolcezza. Qui, nel pannello più vicino all’Astrattismo, la parte centrale è occupata da una coppia di ballerini, ma le loro figure sono trasparenti e quasi evanescenti, solamente accennate nei loro contorni e in pochissimi tocchi di colore. Tutto il resto della composizione è occupato da un vortice di figure geometriche elementari, sfumate dal bianco al grigio chiaro, che si intersecano e si fondono le une nelle altre.
Quasi un manifesto, destinato ad agire su un vasto pubblico, scandito da ripartizioni ed elementi geometrici dal ritmo insieme astratto e lirico, pervaso dalla magica leggerezza della musica, del sogno, della danza. Pitture “di scena”, che mescolano figure di animali, acrobati, violinisti, amanti, si individuano tutti i motivi che ricorrono nei capolavori e nei lavori più noti e nei lavori “minori” dell’artista. Sul proscenio, analogamente che nella vita, per Chagall l’arte si fonde e si confonde sempre con il teatro, la letteratura, la poesia, e i territori dell’inconscio invadono la visione dando luogo all’inconfondibile tratto fiabesco e antirealista della sua pittura.
Contaminazioni, dialoghi e confronti tra le arti nel periodo delle Avanguardie che sono approfonditi grazie a una selezione di opere emblematiche degli anni tra il 1911 e il ’18 e degli anni francesi tra il 1923 e il ’39: dipinti, acquerelli, acqueforti tra cui le illustrazioni per le “Anime morte di Gogol”, per le “Favole” di La Fontaine e per la Bibbia.
André Breton scrisse di Chagall che “con lui solo la metafora fece il suo ingresso trionfale nella pittura” e sull’inconfondibile magnetismo dell’opera del pittore russo, la modernissima libertà associativa delle sue metafore visive che insegnano a guardare il mondo secondo l’estro arbitrario della poesia, fuori da ogni consuetudine logica e da ogni ordine abituale. Gli oggetti, gli animali i personaggi, ingranditi o miniaturizzati, diventano catalizzatori di stati d’animo, di associazioni insolite, le loro superfici non sono dinamizzate e scomposte per creare effetti di movimento ma per rompere una rigida compattezza e conferire alle immagini una ambiguità evocativa che rende ogni cosa sconosciuta.
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