L’arte di essere fragile: la porcellana non è roba (solo) da nonne
Quando mi hanno comunicato che avrei dovuto partecipare all’inaugurazione di una mostra sulla porcellana, devo ammettere di essere rimasta un tantino perplessa. Pensavo che la porcellana si trovasse solo a casa della nonna, non me l’aspettavo esposta in un museo. Visitando “L’arte di essere fragile”, però, mi sono dovuta ricredere.
Non sarà ammaliante come un dipinto classico, né maestosa come una scultura in marmo, eppure la porcellana qualcosa di artistico ce l’ha. Lavorare la porcellana è un’antica forma di artigianato, e in ogni lavoro artigianale si cela della magia. Perché l’arte è esattamente questo: prendere la materia grezza e darle una forma. E, osservando la collezione arrivata a Milano dalla Staatliche Porzellan-Manufaktur Meissen, la più antica manifattura d’Europa, ci si stupisce di quante forme la porcellana sia in grado di assumere.
Esposte tra i dipinti medievali del Museo Poldi Pezzoli ci sono le operette di Chris Anteman: uomini e donne che, con ironia e leggerezza, prendono in giro i cliché delle relazioni tra sessi. I motivi sono quelli settecenteschi, ma il sarcasmo è targato 2000.
Accanto a queste, l’opera del più importante modellatore del Meissen: Johann Joachim Kaendler, la famosa Orchestra delle scimmie. Ventuno scimmiette coloratissime, tutte munite di uno strumento così realistico che sembra quasi di sentire nell’aria un buffo motivetto.
Ancora, ci sono i grandi vasi dipinti di blu da Otto Eduard Voigt, le moderne di sculture di Jörg Danielczyk e, infine, quegli oggetti cui si pensa quando si pensa alla porcellana. Piatti, bicchieri e tazzine da té. Un imponente servizio formato da oltre 2200 pezzi, con cigni scolpiti che nuotano tra le stoviglie. Roba da re, che si può ammirare, fino al 14 maggio 2018 presso il Museo Poldi Pezzoli di Milano.