“Uno spazio per tutti, una porta aperta al mondo”
Quello che si prova ad entrare al MAXXI di Roma per la mostra “Gravity. Immaginare l’Universo dopo Einstein”, con la curatela di Luigia Lonardelli aperta fino al 29 aprile, è una forte sensazione di “spazialità”, non c’era posto migliore dove tenere un’esposizione dedicata ad Albert Einstein e alle sue conquiste intellettuali. Conquiste che hanno segnato un enorme progresso scientifico, filosofico e culturale per il genere umano. Lo spazio e il tempo stesso hanno assunto un significato profondamente diverso da quando quest’uomo ha formulato la sua teoria.
La Gravità è diventata la forma dell’Universo. Lo spazio e il tempo un’unica entità sinergica e indivisibile. Ma andiamo per ordine.
È facile comprendere come la potenza della rivoluzione Einsteniana non si sia fermare al solo mondo scientifico, nei decenni il modo di interpretare lo spazio e il tempo di Einstein sono stati ripresi in molte opere e continuano a essere motore di creatività in tantissimi campi. Questa mostra ne è l’esempio: i muri e le installazioni sembrano comporre una grande opera che abbraccia tutta la struttura architettonica.
Ad accoglierci all’inizio della mostra troviamo il modello della Sonda Cassini, con tutta la potenza evocativa del suo viaggio spaziale, sospeso nella hall del MAXXI, quasi a richiamare un contatto aereo verso la vera sonda, i cui frammenti ora si trovano nell’atmosfera del pianeta. Insieme vediamo Aeroke, l’installazione di Tomás Saraceno, composta da due palloni aerostatici specchianti che captano i suoni impercettibili dispersi nell’atmosfera.
La video installazione interattiva Curvare lo spaziotempo invece ci porta alla componente fondamentale dell’idea di Einstein che ha scatenato tutto il suo pensiero: la Luce
L’interrogativo che torturava la mente di Einstein era questo: come poteva la luce mantenere sempre la sua velocità qualsiasi fosse il punto di partenza o di arrivo del raggio luminoso? O meglio, com’era possibile che la sua velocità fosse costante per qualsiasi osservatore, sia che questi fosse fermo o in movimento?
Un chiodo fisso che portò il grande fisico e filosofo tedesco a una conclusione sbalorditiva e ampiamente dimostrata: teorizzò che fosse l’universo a contrarsi intorno alla materia e non la luce che ci viaggiava dentro. Voglio specificare che queste non sono mere speculazioni ma fatti comprovati da molti decenni.
Einstein fece un passo ulteriore, capì che la gravità, che noi solitamente chiamiamo forza, non è altro che la forma della curvatura dello spazio che ci circonda e che obbliga la materia a seguire la sua curva spaziotemporale dandoci l’impressione di una forza attrattiva.
Adesso avete capito perché la sua teoria ha scosso profondamente le fondamenta della comunità scientifica e non solo?
Non c’è installazione più rappresentativa della gravità universale di quella della “Buca gravitazionale” presente nella mostra. Questo imbuto rovesciato spiega bene cosa intendiamo per gravità: non una forza di attrazione tra le masse, ma l’unico modo con il quale gli oggetti possono muoversi nello spazio verso il centro dell’imbuto.
Così è fatto l’Universo, ovviamente in questo modello si è dovuto semplificare molto usando tale forma, mentre nella realtà deve essere tutto immaginato in tre dimensioni o più. Uno sforzo immaginativo alcune volte impossibile, ed è qui che la matematica è venuta in aiuto dello scienziato per esprimere e spiegare il fenomeno.
La teoria della relatività generale di Einstein, nonostante sia stata molte volte comprovata negli anni, ha avuto la sua prova definitiva grazie alla recente scoperta delle onde gravitazionali. Queste onde perturbano lo spazio come fossero onde sonore nell’aria, quindi a oggi gli scienziati dispongono di un nuovo “senso” per studiare l’Universo oltre a quello possibile con la luce.
Ed è stato proprio lo specchio di VIRGO il famoso rivelatore che ha partecipato alla ricerca delle onde gravitazionali. Quest’occhio elettronico ha visto per la prima volta lo spazio contrarsi!
Grazie allo scontro di due enormi buchi neri, residenti in un’altra galassia, è stato possibile misurare la contrazione spaziale, arrivata fino a noi, provocata dall’urto. Pensate che la variazione spaziale era più piccola della grandezza di un protone, particella presente nei nuclei atomici.
L’intero percorso espositivo esplora tre concetti chiave strettamente connessi tra loro: Spaziotempo, Confini, Crisi.
Allestita nel cuore della mostra, dedicato al tema dello Spaziotempo, Cosmic Concert accoglie anche reperti storici come una Sfera Armillare del XVII secolo che serviva a studiare le traiettorie dei pianeti o l’edizione del 1632 del Dialogo sopra i due massimi sistemi di Galileo, e strumenti scientifici come il satellite Lisa Pathfinder, di cui è proposto un modello, e la Barra di Nautilus, entrambi utilizzati nella ricerca sulle onde gravitazionali.
In questa stessa sezione anche l’opera di Marcel Duchamp 3 Stoppages étalon in cui l’artista immagina una sua personale unità di misura, riflessione sui parametri con cui l’uomo pretende di conoscere lo spazio e il tempo e dimostrazione di come il pensiero di Einstein abbia da subito influenzato anche l’arte. Esposto anche il video The Way Things Go di Peter Fischli e David Weiss in cui oggetti di ogni genere, privati della loro originaria destinazione d’uso, diventano protagonisti di un’imprevedibile reazione a catena apparentemente casuale.
Nella sezione Confini viene descritta l’esperienza del limite della conoscenza. Il suono fossile del Big Bang, eco remota che permea ancora oggi l’universo, è protagonista dell’opera di Laurent Grasso The Horn Perspective: una ricostruzione dello scheletro del radiotelescopio di Penzias e Wilson che captò, per puro caso, quel suono all’inizio degli Anni “60.
Questo lavoro costituisce una riflessione su un mondo e un universo impossibili da captare con i nostri soli sensi, e viene esposto insieme al modello del rivelatore AMS (Alpha Magnetic Spectrometer), attualmente in attività a bordo della Stazione Spaziale Internazionale alla ricerca, nei raggi cosmici, di particelle di antimateria primordiale e di possibili tracce di materia oscura. Quest’ultima è una forma di materia di cui non conosciamo la natura, ma sappiamo che pervade il cosmo perché vediamo gli effetti gravitazionali che esercita sull’aggregarsi di stelle e galassie. Il visitatore potrà immergersi in un’installazione interattiva nella quale immaginare di poter decidere arbitrariamente la presenza e la quantità nel cosmo di questa materia ancora misteriosa, determinando così l’evoluzione delle galassie.
Il percorso si completa con l’area dedicata alla Crisi, una delle parole più utilizzate nella nostra quotidianità e che, nel campo della conoscenza, ha un valore positivo: solo attraverso la crisi e la messa in discussione delle proprie certezze, infatti, è possibile un cambio di modello e quindi un’evoluzione.
Inoltre il programma prevede, oltre alla partecipazione di illustri ospiti come Samantha Cristoforetti, una maratona di documentari in collaborazione con National Geographic e la rassegna cinematografica Spazio Tempo Cinema: Christopher Nolan e la relatività ristretta di un film.
Gravity è un’occasione unica per approfondire delle argomentazioni scientifiche ormai diventate parte integranti della cultura umana scegliendo però la propria strada per raggiungerle, in un viaggio alla scoperta delle incredibili idee alla base dell’immensa opera intellettuale che è la Teoria della Relatività Generale di Albert Einstein.
Buono Spazio a tutti!
MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo
Info: 06.320.19.54; info@fondazionemaxxi.it
Orario di apertura: 11.00 – 19.00 (mart, merc, giov, ven, dom) |11.00 – 22.00 (sabato) | chiuso il lunedì,
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