Due scienziati, un giornalista e un giovane nobile e sportivo si ritrovano intrappolati su un’isola geologica sopravvissuta misteriosamente nel cuore della giungla amazzonica in compagnia di dinosauri, pterodattili e uomini-scimmia.
No, non si tratta del canovaccio dell’ultima serie in uscita su Netflix né del remake di Lost, Jurassik Park & Co. Stiamo parlando di uno dei classici della letteratura del ‘900, scritto da uno degli autori scozzesi più conosciuti al mondo, niente popòdimenoche il padre di Sherlock Holmes: “Il Mondo Perduto” di Sir Arthur Ignatius Conan Doyle.
Considerato il progenitore di Jurassic Park, che in effetti ne clona il titolo, il Mondo Perduto ( o Cento Giorni Sull’Altipiano) è uno dei libri meno noti di questo poliedrico autore, tanto che nell’elenco delle sue opere è tra i meno citati pur essendo diventato un classico della narrativa fantastica e di avventura che ha segnato intere generazioni di lettori e successivamente ispirato uno stuolo di scrittori. Insomma, mai ‘na giuoia.
La vicenda è narrata in prima persona da Edward Malone, giornalista dell’inglese Daily Gazette, innamorato cotto della sua Gladys che in pieno corteggiamento non si sente ripete altro che ella sposerà un uomo avventuroso, un intrepido, un valoroso: è l’epoca delle grandi invenzioni, delle grandi scoperte, delle grandi esplorazioni e conquiste e il giovane rampollo giornalista vuole appunto sentirsi un “grande”, per poter finalmente sposare la sua adorata. Ed è così che ascoltando una conferenza del Professor Challenger, celeberrimo Zoologo che sostiene di aver scoperto durante una spedizione lungo il Rio delle Amazzoni esemplari ancora in vita di specie ritenute oramai estinte da secoli.
Disgraziatamente tutte le prove materiali, mappe, rullini fotografici, reperti, e documentazioni siano andati persi in un naufragio sulla strada del ritorno e il povero professore, non potendo provare alcunché, si vede costretto a proporre al consesso scientifico attorno a lui riunito, una nuova spedizione nei medesimi luoghi ricostruendo l’itinerario sulla base della sua memoria, e recando con sé un osservatore imparziale, il Professore Summerlee, docente di anatomia comparata. Malone decide istantaneamente di imbarcarsi anche lui nella nuova impresa che il professore sta mettendo a punto. La nuova spedizione si accinge a partire, accompagnata dall’impulsivo cacciatore lord John Roxton, ricco gentiluomo amante dei safari e dei viaggi avventurosi.
Il quartetto parte per il Rio delle Amazzoni, ritrova la strada grazie alle indicazioni del geniale e iracondo Professor Challenger, sale sull’altipiano, ribattezzato Terra di Maple White ( in memoria di un esploratore americano che, anni prima, aveva scoperto per primo l’altopiano, redigendone un diario grafico, utilizzato come prova dal Professor Challenger) dove grazie a una rara combinazione geografica e logistica, le specie altrove ormai estinte, si sono conservate immutate, fin dall’epoca preistorica: pterodattili si librano maestosamente in volo, mentre ogni altro genere di creatura antidiluviana riprende vita davanti ai loro occhi.
I nostri eroi restano bloccati sull’altipiano per cento giorni perché l’unica via di accesso si è chiusa e devono trovare il modo di scoprire un nuovo passaggio. Durante questa permanenza forzata vivono un’avventura personale irripetibile, impossibilitati ad allontanarsi, e si compenetrano totalmente nella realtà selvaggia che li circonda, al culmine di sfide e difficoltà che fanno emergere in ciascuno la sua vera natura. Malone, fedele al suo compito di reporter tiene nota di tutto ciò che vede, sente e accade. Non sono soli sull’altipiano, ad accompagnarli due opposte fazioni di ominidi, quella dei precursori degli Homo Sapiens, e quella ancora primordiale dei primati animaleschi e brutali.
Riescono infine a tornare in Inghilterra, portando come prova uno pterodattilo vivo all’interno di una cassa, che riesce tuttavia a fuggire sotto gli occhi di tutti. L’opinione pubblica li omaggia e Challenger non è più creduto pazzo. Malone, però, fa un’amara scoperta: la sua Gladys si è nel frattempo sposata con un omino mediocre, occhialuto ed insignificante, certamente non avventuroso né grande. Forse sollevato dal pensiero, Malone decide immediatamente di imbarcarsi nella terza spedizione che il professor Challenger organizza verso il mondo perduto.
Ispirato dalla conquista (avvenuta nel 1884) della cima del tepui Roraima, il più alto del Venezuela, di cui effettivamente la sua inaccessibilità determinò un processo evolutivo del tutto indipendente da quello del territorio circostante, Conan Doyle, abbandonati i panni dell’investigatore di polizia più famoso della storia, ci ha donato un romanzo ironico, incalzante e vivace capace di tenere con il fiato sospeso dall’inizio alla fine. A metà strada tra Verne e Salgari, Doyle unisce in un solo romanzo fantastico, una storia dalla trama avvincente, informazioni geografiche e scientifiche dettagliate, una sapiente caratterizzazione dei personaggi, tratteggiati con gusto e capaci di rappresentare lo spirito indomito di un’epoca avventurosa e magica.
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