L’arte è una cosa seria ma non troppo: FaceApp mette il sorriso ai ritratti del Rijksmuseum
Fateci caso. I protagonisti dei capolavori dell’arte sono quasi sempre seri, compiti, se non mesti. Non ridono mai. MAI. Tra Rinascimento, Barocco e Realismo, trovatelo un ritratto che piega minimamente gli angoli della bocca in un accenno di sorriso ( e… no, la Gioconda non vale). Girovagando per la storia dell’arte nasce spontanea la constatazione: “sembrano tutti così depressi”. I ritratti hanno tutti un solo tratto comune: visi tristi, sguardi spenti, fronti corrucciate, serietà e compostezza. Ma perché?! Certamente stare ore in posa non doveva essere uno spasso ma suvvia, queste facce sono state eternate nell’arte.
Giusto per ricordarsi che l’arte è una cosa seria ma non troppo, e che è lecito giocarci con un po’ di sana leggerezza, c’è chi si mette d’impegno e prova a dissacrare. Ironicamente. Con delicatezza. Prendendo in giro i grandi capolavori del passato. Poco male: Duchamp l’aveva fatto già un secolo fa, mettendo i baffi alla Gioconda. Qui però non c’è nessun risvolto concettuale, ma giusto un divertissement, nell’era dei social network.
Basta uno smartphone, una app e il gioco è fatto. Un click, uno “share” e via che i like su Fb e i cuoricini di Instagram si accumulano in un batter d’occhio e si assurge al trono della viralità, altro che Fedez e Ferragni.
Dopo il nostro Stefano Guerrera, l’inventore della serie “Se i quadri potessero parlare”, il grafico e illustratore britannico Ollie Gibbs in visita con la sua dolce metà al Rijksmuseum di Amsterdam, a un certo punto, dopo aver passato in rassegna decine di ritratti della collezione, utilizzando FaceApp, un’applicazione per immagini che è in grado di cambiare espressione e fisionomia ai volti, ha deciso di cambiare letteralmente faccia agli uomini e donne ritratti sulle preziose tele del museo.
Sorrisi smaglianti a 32 denti, con effetto quasi sempre spassoso, a volte naturale, in certi casi inquietante. Risate beffarde, tenere, cavalline, sguaiate, stentate, sornione.
Come l’ha presa il Rijksmuseum? Benone, e dal profilo Twitter dell’istituzione è partito un simpatico share: “Divertente vedere facce così familiari che ridono!”