È crudo è violento è macabro, ma rimani incollato alle pagine come le mosche al miele. Sto parlando del romanzo “Le quattro casalinghe di Tokyo” di Natsuo Kirino edito da Neri Pozza.
Con l’uscita di questo libro è emerso un aspetto decisamente noir del Giappone, distante da quello che siamo abituati a vedere, con i suoi cittadini perfetti sempre in fila, i meravigliosi ciliegi in fiore, i lavoratori sorridenti che mostrano l’ultima diavoleria tecnologica e i giovani felici e sorridenti dai vestiti colorati e bizzarri.
Ebbene, la Kirino ha mostrato anche quell’aspetto tetro ma reale che purtroppo è un cardine della società, come i ritmi di lavoro insopportabili, la rischiosa e distruttiva competitività portata a livelli impossibili, la forte discriminazione razziale che sfocia in tantissimi casi di depressione e suicidi, un’immagine del Giappone contemporaneo che spaventa ma lascia anche il tempo per molte riflessioni.
“Le quattro casalinghe di Tokyo” che poi di casalinghe non si parla proprio, il titolo originale è “Out”, lavorano in uno stabilimento che confeziona vassoi di cibi pronti, facendo turni di notte massacranti e lavorando a ritmi impossibili, però per una buona paga!
Tutte e quattro vivono delle situazioni analoghe, intrappolate in matrimoni difficili, sono estremamente infelici, hanno figli ingrati e suocere cattive, vivono una situazione di disagio e solitudine e sopra ogni problema, hanno bisogno di soldi e quindi non c’è spazio per il buonismo.
La trama è un gioco di incastri perfetto, dove ogni personaggio, anche quello che appare più insignificante, si rivela fondamentale per lo svolgimento, 652 pagine in cui tutto ritrova il suo ordine… tra un bagno di sangue e l’altro…
La scintilla che da inizio allo straziante percorso delle quattro donne è lo scatto di nervi che fa perdere la pazienza alla dolce e disperata Yaoyoi che, nell’ingresso di casa, strangola suo marito Kenji: “era buffo vedere come il collo di Kenji si piegava all’indietro e le mani annaspavano nell’aria. Doveva soffrire di più. Un uomo così non meritava di stare al mondo. Che bella sensazione! Era incredula dalla forza furiosa e della crudeltà di cui era capace, ma di una cosa era certa: il godimento che ne traeva era infinitamente rigenerante e liberatorio.”
Yaoyoi ride di tutto questo e lo fa anche quando Masako e Yoshie, le fedeli amiche, la aiutano a trasportare il cadavere a casa di Masako, lo tagliano a pezzetti e ne gettano i resti nei bidoni d’immondizia.
Un piano che avvicina più di quanto vorrebbero le donne e le rende complici in una vicenda che in breve tempo assume i connotati di qualche cosa di macabro e malato.
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