Le opere dell’artista israeliana Ronit Baranga possono sembrare spaventose e ripugnanti a un primo approccio, ma non è assolutamente ciò che vogliono esprimere, con queste sculture Ronit da vita agli oggetti di uso quotidiano come piatti, tazze da té e piattini, donandogli la possibilità di esprimere delle emozioni. Gli oggetti comuni che diamo per scontati, in questo modo, aggiungendogli particolari umani come bocca e dita, hanno la possibilità di essere collocati in modo differente nel mondo rispetto al loro destino, così si può decidere se utilizzarli per il loro primo scopo o se fargli prendere una diversa strada nella vita.
Queste porcellane sono state esposte al parco Dismaland di Banksy (qui trovate l’articolo).
Anche le figure umanoidi germogliano e sviluppano nuove parti del corpo, come se la pelle volesse esprimere se stessa.
Nelle opere più recenti invece si legge in sottofondo una nota di dolore, di violenza, di gioia e tranquillità, come per la scultura “My Artemis”, che sarà esposta alla Biennale di Israele a Tel-Aviv, quest’opera rappresenta una maniacale dea ghignante e gioiosa dal cui petto crescono seni con bocche e lingue affamate; rappresenta una Dea Madre mascolina che non si lascia mai andare, ma indipendentemente da questo i suoi seni non sono più in grado di nutrire, anzi, sono diventati quelli che hanno bisogno di essere nutriti.
L’opera è fatta come se fosse di argilla bagnata, lo spettatore avrà la percezione che toccandola possa lasciare un’impronta, un segno, ma non è così, lei sta solo fingendo di poter essere modificata.
La Dea sarà alta circa 160 cm, le sue mani terranno strette delle corde a cui saranno legate decine di piccoli vasi smaltati, che ricorderanno il suo petto.
Per l’artista, che definisce il suo lavoro come “esistente” in bilico tra la vita e la natura morta, le emozioni non sono solo in bianco e nero, ma si esprimono simultaneamente. “A un certo punto tutto è sincronizzato. Non è mai tutto bello o tutto negativo”.
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