Sono rimasta fissa per svariati minuti affascinata dalla bravura catalizzatrice di Juan Gatti, grafic designer, art director e fotografo di origine argentine e madrileno d’adozione, dove di trasferì nel ‘79 per fuggire alla dittatura militare argentina.
Già negli anni ’80 suscita grande interesse e ammirazione da parte di artisti, scrittori e musicisti, stilisti, registi, della scena culturale spagnola grazie al suo stile davvero unico e straordinariamente poliedrico diventando un’icona della cultura popolare delle tre ultime decadi. Le collaborazioni sono svariate, quella forse più famosa è con il regista Pedro Almodóvar, per il quale Gatti ha creato diverse locandine rimaste nel tempo dei capolavori dell’arte, inoltre ha disegnato e reso celebre numerosi manifesti per Alex de la Iglesias, Fernando Trueba, ma anche cover dei dischi di Miguel Bosé e Alaska e le campagne di Jesus del Pozo e Loewe.
Quello che voglio mostrarvi oggi è il progetto legato alla precisa illustrazione anatomica e la morbidezza onirica della tassonomia del mondo naturale che si mescolano in uno scenario di perfetta sintonia restituendo un senso di quiete pragmatica; fiori, uccelli, muscoli, scheletri, kitsch e pop, il mondo di Juan Gatti è un mix di emozioni e sensazioni nuove da esplorare.
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