Moschino I’m Lovin’ It
Idea vincente per il nuovo direttore creativo della Maison Italiana Moschino, Jeremy Scott, che ha presentato una collezione davvero pazzesca ispirtata alla più famosa catena di fast food al mondo Mc Donald’s.
Sicuramente è riuscito ad attirare su di sè l’attenzione di molti e senza dubbio l’originalità la fa da padrona su questa passerella. Di primo impatto, sono rimasta un po’ stranita, mi è sembrata così lontana dall’ideale di haute couture a cui si è abituati, dove la stranezza è sì sempre portata all’eccesso, e le dove le maison di moda si sono sempre contese lo scettro di “assurdità dell’anno”. Ma in questo caso, la linea presentata, mi sembra più che altro adatta a una sfilata del marchio per ragazzi “Original Marines”. Non è molto sexy o peccaminosa. Mi fa pensare che si voglia dare un messaggio diverso.
Che sia la rivoluzione della moda?
Basta donne “scheletriche” con indosso abiti improbabili che le fanno sembrare delle statue dalle forme spigolose, dove i corpetti vengono strizzati il più possibile e le scarpe assumono vertiginose pendenze. Questo è l’anno della “ciccia”. Perché parliamoci chiaro, nessuno può sponsorizzare McDonald senza tenere conto che produce tra gli alimenti più grassi che si possano assimilare, e vederlo pubblicizzato proprio da quelle stesse donne che muoiono per perdere quei chili che in più di certo non hanno, fa davvero uno strano effetto. Stiamo andando dalla padella alla brace, “per combattere l’anoressia, strafogati di prodotti grassi e pieni di colesterolo”. Ma ripensandoci, Jeremy Scott non avrà sicuramente voluto lanciare un messaggio sociale con questa collezione. O almeno lo voglio sperare. Anche perché è lo stesso stilista che qualche tempo fa aveva presentato le sneakers alate di “Adidas”. Quindi, effettivamente, avendo già visto quelle, la nuova proposta “strampalata” per Moschino non fa più tanto scalpore.
In realtà sono sembrata molto critica su molti aspetti di questa sfilata, ma in fondo mi fa sorridere e pensare che qualche oggettino proposto lo vorrei avere (non di certo il sacco di pop – corn, quello è davvero troppo).
Ma dopo un primo forte impatto, guardo la collezione con più attenzione e trovo cose non male, come i tailleur dalle linee tradizionali anni ’40, molto eleganti, i colori predominanti ovviamente sono rosso e giallo e vengono accompagnati da accessori dal design accattivante, come bibite, box da fast food e collane che ricordano il famoso clown. La grande M di Moschino rimane tale senza diventare una grottesca imitazione di quella di Mc Donald’s.
Alla fine, come se non fosse bastato lo spettacolo scioccante appena proposto, in una fiera del non ovvio, Scott dà un’ulteriore schiaffo creativo al suo pubblico con l’arrivo in passerella del mitico Spongebob Squarepants sotto forma di borse, maximaglie e pellicce tutte rigorosamente giallo acido a pois neri.
Seguono confezioni di pop-corn, stampe di ciambelle colorate su lunghi vestiti, per concludersi con un abito da sposa fatto di fogli di giornale.
La sfilata si chiude con l’uscita di Scott con indosso una maglietta che recita “I don’t speak italian, but I do speak Moschino”, dopo quello che abbiamo appena visto voleva assicurarci che il famoso marchio italiano, con lui a capo parlerà un linguaggio diverso, magari lontano dai soliti canonici stili italiani, dove l’ispirazione prima sarà legata al mondo reale, quello che ci circonda. E se questo è quello che ci circonda, catene di fast food e cartoni animati demenziali, allora forse mi trovo nel mondo giusto.